Patogeni classici che “inquinano” il nostro cibo.

Tossinfezioni ed intossicazioni alimentari non rappresentano l’unica manifestazione di un’infezione in corso provocata dai patogeni classici che “inquinano” il nostro cibo.

Tossinfezioni ed intossicazioni alimentari possono non rappresentare l’unica manifestazione di un’infezione in corso provocata dai così detti organismi patogeni classici che contaminano il nostro cibo, quali escherichia coli, clostridium botulinum, salmonella, etc. è il caso di segnalare che oltre a nausea, vomito, diarrea, crampi addominali e febbre, quando l’infezione non è a carico del solo apparato digerente, vi è la comparsa di sintomi molto differenti e ben più preoccupanti. In particolar modo, quando il batterio o la tossina da esso prodotta raggiunge il sistema nervoso centrale, può dare origine ad un quadro clinico allarmante e a patologie irreversibili e talvolta mortali.

La strumentazione ed i piani da lavoro, ma anche i recipienti che vengono a contatto con la merce alimentare poi destinata al commercio, i mezzi per il trasporto di quest’ultima e l’igiene del personale, onde evitare una contaminazione secondaria (è il caso del batterio Shigella) che insorge durante le varie fasi di lavorazione e che comporta margini di rischio ben più elevati rispetto alla contaminazione primaria. La contaminazione può interessare qualsiasi tipologia di prodotto, anche quelli già sottoposti a trattamenti di bonifica e può derivare dalle più disparate fonti: pericoli biologici rappresentati da microorganismi patogeni causanti malattie infettive (batteri, funghi e spore, virus e tossine, parassiti e larve), presenti nel suolo con cui i prodotti vegetali sono a stretto contatto ed in cui pascolano gli animali (il suolo a sua volta può essere contaminato dalle feci degli animali stessi), nell’aria (inquinata dalle attività antropiche) e nell’acqua utilizzata per il lavaggio degli alimenti e degli utensili da lavoro. Possono esserci pericoli chimici: metalli pesanti che si accumulano in seguito all’attività antropica, uso di pesticidi ed antiparassitari nell’agricoltura, uso di farmaci antibiotici e anabolizzanti come ormoni steroidei che vengono somministrati all’animale nella fase di allevamento. I pericoli fisici sono rappresentati invece da corpi estranei la cui presenza è associata ad una non corretta prassi di lavorazione.

 

La carne degli animali da macello può essere considerata sterile fin quando l’animale è vivo in quanto le sue difese immunitarie impediscono la propagazione dell’agente patogeno nei tessuti muscolari. Ma dopo la morte, con la macellazione, può verificarsi una prima contaminazione dettata dal fatto che il materiale fecale può depositarsi sulla superficie della carcassa (contaminazione delle carni con Escherichia Coli e coliformi fecali) e la flora microbica saprofita può penetrare nei muscoli, veicolata da una lama. Se non vengono utilizzate le corrette norme igieniche è possibile che si verifichi, inoltre, una contaminazione secondaria con Staphylococcus aureus, uno dei batteri più frequentemente riscontrati sulla pelle degli individui e responsabile della formazione di foruncoli e pus associato, follicolite e ascessi. Il batterio produce un’enterotossina che, se presente nell’alimento ingerito, porta a gastroenteriti ed intossicazioni alimentari.  

I prodotti ittici, se non correttamente trattati, rappresentano, tra tutti i prodotti alimentari, sicuramente quelli più pericolosi per la salute dell’uomo: il rischio di contaminazione primaria e secondaria è molto elevato e dipende principalmente dall’ambiente in cui vive l’animale. Le specie batteriche autoctone in ambiente marino come la Listeria monocytogenes e Clostridium botulinum causano infezioni gastrointestinali, intossicazioni e tossinfezioni. La tossina botulinica prodotta dal bacillo anaerobico Clostridium botulinum, in particolar modo, è in grado di legarsi ad un recettore specifico sulla membrana cellulare dei neuroni colinergici, dove si sintetizza e si rilascia il neurotrasmettitore acetilcolina (ACh), responsabile della trasmissione dell’impulso nervoso fino alla placca motrice, che permette la contrazione dei muscoli scheletrici. In seguito all’intossicazione alimentare, frequentemente mortale, il rilascio vescicolare di ACh è bloccato (Figura 1), per cui si va incontro ad una progressiva paralisi del sistema parasimpatico e motorio che ha inizio con alterazioni visive, difficoltà nel deglutire, mancanza di salivazione ed infine paralisi respiratoria.

 

Un’attenzione particolare meritano il latte ed i suoi derivati poché in virtù della loro peculiare composizione, una volta contaminati, possono divenire a loro volta serbatoi di germi patogeni, costituendo degli ottimi terreni di coltura per la proliferazione della stragrande maggioranza dei microorganismi: ricordiamo difatti che la normale flora batterica del latte è costituita prevalentemente da lattobacilli e streptococchi e che una contaminazione di tipo ambientale (acqua destinata al beveraggio degli animali, suolo per il pascolo ricco di micotossine, aria) può andare a variare tale composizione. Da non sottovalutare è poi la contaminazione antropica biologica e chimica del latte, che può avvenire a diversi livelli della filiera produttiva: utilizzo di utensili necessari alla mungitura non puliti o ricchi di iodio, poca igiene del personale, accumulo di una quantità eccessiva di oligoelementi nel suolo come Fe, Cu, Pb, Cd, impiego di disinfettanti iodofori il cui uso scorretto ed eccessivo causa la sindrome da iodismo, che altro non è che un’intossicazione grave che causa crampi addominali, vomito, alterazione delle ghiandole salivari e, nella forma più grave, gravi danni al SNC.

Ed infine abbiamo le uova, portatrici di Salmonella (e conseguente salmonellosi), se non correttamente sterilizzate. La Salmonella può trasmettersi per via verticale al pulcino e per via orizzontale diretta ed indiretta ed andare a contaminare mangime, acqua, incubatoi, pollaio. Il batterio, nell’animale adulto e dunque anche nell’uomo, causa una tossinfezione cronica del tratto grastrointestinale ed una volta raggiunto il tessuto bersaglio ha un’azione tossigena conseguente alla liberazione di un’endotossina. In genere dunque questo batterio infetta il tratto digerente ma può viaggiare anche attraverso il torrente ematico, infettare altri distretti dell’organismo e provocare infezioni molto pericolose per l’uomo, come ad esempio la così detta encefalopatia da Salmonella caratterizzata da un’alterazione dell’encefalo.

Raggiungere la temperatura di cottura adeguata per ciascun cibo è molto importante: ingerire carne di maiale poco cotta, ad esempio, non è molto saggio per l’uomo! Difatti la forma larvale della Taenia solium, il parassita meglio conosciuto come “verme solitario” che comunemente attacca l’intestino, potrebbe infestare la carne di suino e da qui insediarsi nell’organismo. Solitamente occorre attendere 4-5 anni dall’infestazione per la comparsa dei sintomi, che possono essere più o meno gravi a seconda della localizzazione dei cisticerchi (così vengono denominate le larve). Esse possono essere anche in grado di migrare nel cervello e colonizzare il SNC dando origine ad una sintomatologia molto varia: dal mal di testa all’epilessia, fino ai disturbi motori e/o alterazioni della coscienza e del carattere. Si parla in questo caso di neurocisticercosi, una vera e propria malattia parassitaria neurologica che si instaura in seguito al trasporto passivo di uova o larve vitali e che vede il Sistema Nervoso Centrale completamente infestato dalle larve di T. solium. Tuttavia, se la T. solium riesce a raggiungere lo stadio ultimo del suo ciclo vitale, ovvero la forma adulta del cestode, rimane nascosto e silenzioso senza creare troppi danni all’ospite.

Di fondamentale importanza è l’impiego delle corrette tecniche di conservazione per minimizzare le condizioni che possono favorire lo sviluppo microbico: è necessario ad esempio che alcuni alimenti vengano conservati in ambienti refrigerati o addirittura congelati poiché questo garantisce che la concentrazione di determinati microorganismi rimanga al di sotto di quella in grado di determinare patologia. Listeria monocytogenes ad esempio non si sviluppa al di sotto dei 2°C.

da Microbiologiaitalia.it

Carla Caianiello